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Moscuzza:”Impropri i TSO ai barboni: privano della libertà personale e intasano i reparti psichiatrici”

Siracusa- L’assessore alle Politiche sanitarie del Comune di Siracusa, Antonio Moscuzza, in una nota esprime la sua convinzione che nella maggior parte dei casi  risulti davvero improprio l’uso del TSO, il Trattamento Sanitario Obbligatorio, applicato sui senza fissa dimora che vivono nelle strade siracusane, condotti in ospedale con il 118 chiamato dalle Forze dell’Ordine, quando questi soggetti risultano oppositivi.

“Da un punto di vista sanitario – spiega prima il medico e poi il rappresentante di giunta- il TSO è una modalità riservata a soggetti in acuzie, incapaci di intendere e volere e dunque riottosi alle cure. Ogni altra fattispecie implica la privazione della libertà personale, sancita dalla Costituzione, e l’adozione di una misura spropositata rispetto alla condizione di marginalità nella quale i clochard vivono, con grande spirito di adattamento, non volendosi conformare per mentalità nomade agli usi e costumi abituali”.

Il problema oltre che morale, costituzionale, umano sarebbe anche di natura logistica- organizzativa. Infatti, precisa Moscuzza: “Il ricorso al TSO non solo può sovente essere un atto di violenza in una società che si proclama democratica, ma può ridurre la già limitata capienza degli SPDC ( servizi ospedalieri psichiatrici) dove vengono ricoverati i pazienti psichiatrici in fase di acuzie: cittadini siracusani che a quel punto, in assenza di posti, inappropriatamente occupati da ” non aventi la necessità”, possono essere dirottati ovunque in Sicilia o persino oltre lo stretto. Appare inutile evidenziare il notevole spreco economico che si realizza in queste condizioni, sia nella prima che nella seconda fase della procedura appena riportata”.

“Il processo  – specifica Moscuzza- fin qui descritto risulta comunque inefficace, perché il ricovero forzato dalle circostanze (ordine pubblico) e tramutatosi in TSO spesso inappropriato, culmina con la dimissione del paziente dopo un certo periodo di tempo. Il soggetto, infatti, a quel punto, si riappropria del “suo” territorio e ricomincia l’iter come un disco rotto. Nulla è cambiato, in altre parole, a parte la congestione dei servizi ospedalieri psichiatrici”.

“Un Paese che spende e si spende per gli immigrati extracomunitari – sottolinea l’esponente della giunta Garozzo- che accoglie e tutela, tratta da reietti, degni della contenzione riservata ai folli negli indimenticabili manicomi del pre-Basaglia, i marginali che vivono in strada. Non sarebbe opportuno quantomeno equiparare gli interventi a ricoveri presso centri di accoglienza ove poter socializzare, laddove possibile, queste persone (di questo parliamo) offrendo loro un tetto e un pasto stabile e persino delle cure internistiche o psichiatriche (se necessarie) oltre ad un’assistenza sociale? Non sarebbe dignitoso per una società non imprigionata rendere liberi dalla indigenza e dalla povertà o dall’alcool chi non conosce altro stile e modus vivendi?

“Ci si dovrà attrezzare – lancia la proposta-  con una task force coordinata si, ma principalmente sarà utile attivare una procedura da stabilire con la Prefettura con la quale un individuo, ancorché barbone, possa fruire di un luogo di ristoro diverso dalla strada e, ammesso che voglia permanerci, di più opportunità prima di prendere decisioni inerenti eventuali misure di polizia, pur considerando che la figura del vagabondo nel nostro codice penale è scomparsa, così come quella dell’ozioso, e che le misure di prevenzione ante delictum possono essere applicate a quei soggetti che è dimostrato essere dediti a commettere reati. In Italia oggi l’art.16 della Costituzione tutela il diritto alla libera circolazione nello Stato e che bivaccare, secondo la prima sezione penale (sentenza n.37787/2010) della Cassazione non sarebbe reato, anche se il Sindaco emettesse un’ordinanza anti-bivacco.Al di là di queste notazioni si ritiene che la città debba trovare risposte riabilitative semmai e di supporto psico-sociale a persone disagiate, certo, ma non per questo folli o rei”.

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Giornalista