Sicilia- “Chi è addetto ai lavori e conosce l’ingegneria infrastrutturale, analizzando la storia dell’Italia contemporanea e passata, ipotizzandone senza grandi difficoltà quella futura, non può tacere di fronte alla decisione – più politica o propagandistica, quindi di pancia, piuttosto che di sostanza, vale a dire confortata dai dati di rilievi tecnico-scientifici incrociati- di demolire il Viadotto Polcevera a Genova, salito agli altari della cronaca, dopo decenni di onorato servizio, per il crollo del 14 agosto dello scorso anno, che provocò 43 vittime. Tacere significherebbe schierarsi dalla parte di chi ha condannato a morte, facendolo saltare con l’esplosivo, un “malato” che ha grandi speranze di guarigione, ma nei confronti del quale, perché “vecchio” e lasciato “invecchiare” male, dunque “scomodo”, non esiste volontà condivisa di salvarlo. Certo è più “conveniente” abbatterlo, ma “conveniente” per chi e perchè”?
A parlare sono Gianluca Belviso, Angelo Troia e Giovanni Andronico, Impegnati a divulgare la cultura della sicurezza nel Sud-Est Siciliano ed in particolare a Siracusa, città in cui l’ingegnere Morandi, progettista del ponte, ha contribuito alla realizzazione del Santuario della Madonna delle Lacrime, la cui opinione è avallata da due autorevoli docenti universitari, il prof. Antonio Badalà dell’Università di Catania e la prof.ssa Laura Anania, dell’Università di Messina. I tre professionisti e i docenti si lasciano andare ad una meditata riflessione sulla scelta “scellerata” di abbattere una grande opera dell’ingegneria infrastrutturale italiana del XX secolo, invidiata ed emulata nel mondo, cavalcando l’onda emotiva di una tragedia, forse annunciata e di cui andrebbero individuati gli eventuali reali responsabili. Già, gli eventuali reali responsabili”.
“Servirebbe – spiegano gli esperti – una cooperazione tra i luminari dell’ingegneria strutturale e geotecnica per stabilire le cause del crollo del ponte Morandi, tuttora sconosciute, prendendosi tempo per studi, rilievi, avvalendosi di calcoli e strumenti raffinati, ma l’Italia è il paradiso delle deroghe e delle decisioni incomprensibili ai più”.
“La colpa – continuano i professionisti – in sostanza, la daremo a Morandi, alimentando il dubbio di qualche sua leggerezza, perché i morti non pagano e soprattutto non possono parlare e difendersi; poco importa di cosa penseranno luminari dell’ingegneria o dell’urbanistica, come Siviero, Camomilla, Savorani, De Miranda e tanti altri, di questa che reputiamo una “menzogna” e per la quale il mondo, a breve, potrebbe guardarci allibito”.
“Per questo – concludono- non possiamo che schierarci dalla parte che riteniamo giusta, infatti Noi stiamo con Enzo Siviero, ingegnere ed architetto, detto il “poeta dei ponti”, esperto internazionale in recupero e progettazione degli stessi, professore ordinario allo IUAV di Venezia che per primo ha avuto il coraggio di mettere in campo una “feroce battaglia” contro l’abbattimento del Viadotto Polcevera di Genova. Il primo ad ergersi in difesa del prof. Morandi che fu orgoglio italiano e dell’ingegneria, alla cui tesi ci associamo.
Quel capolavoro di ingegneria non va demolito ma, purtroppo siamo figli della Terra che sotterra le coscienze nel cemento e sappiamo che le poesie non danno da mangiare”.