Siracusa – Dionisio le fece costruire per rafforzare le difese della città sulla piana di Epipoli, oggi costituirebbero uno dei più suggestivi “belvedere” del capoluogo aretuseo, se solo fossero state valorizzate, o quantomeno preservate: purtroppo, in questo presente “ingrato”, le “mura dionigiane”, agli occhi dei turisti sbigottiti e dei siracusani indignati, rappresentano una “testimonianza” del passato glorioso abbandonata ad un destino di degrado.
Il fuoco degli incendi estivi ha devastato la folta vegetazione che le sovrastava e che nascondeva i cumuli di rifiuti lì depositati, emersi ora sul tappeto di sterpaglie incenerite.
Accanto alle “sacre pietre”, infatti, si notano gli scarti di costruzioni contemporanee, che “irriverentemente” quasi si confondono con i blocchetti dell’antica e oramai fatiscente fortificazione, trasformando quello che poteva essere un luogo di attrazione turistica nell’ennesima micro-discarica del quartiere.
“D’altra parte senza alcun controllo- commenta le foto che gli abbiamo mostrato Paolo Giansiracusa, docente e storico dell’arte siracusano- cosa possiamo aspettarci? Tutta l’area archeologica dell’Epipoli è da anni in completo abbandono. Questa estate sono state raccolte le contestazioni riguardanti le sterpaglie, adesso incominciamo a registrare l’inizio dei cumuli di sterro. Se è territorio di nessuno, ognuno può fare ciò che vuole. È solo l’inizio al quale, senza i dovuti controlli, seguiranno ampi cumuli. Ispezioni , telecamere, sanzioni durissime sono il deterrente giusto. Per quanto attiene al resto c’è da dire che le piante ruderali stanno creando danni vistosi alle mura e sovente si vedono grossi blocchi caduti dagli assetti murari. La manutenzione d’altra parte non si fa da decenni”.
La scusa delle mancate tutele, seppur corrispondente al vero ugualmente non tollerabile, rimane quella dell’assenza di risorse finanziarie con cui gestire l’immenso patrimonio archeologico ereditato dalla città nel tempo;ma basterebbe ricorrere ad un’alternativa, facendo leva sulle capacità imprenditoriali dei privati. Proposta, quest’ultima, che anche un esperto come il professor Giansiracusa avvalora.
“Una soluzione- dice- potrebbe essere quella di istituire l’area come Parco e svincolarla dalla giurisdizione regionale, per poi affidarlo ad una cooperativa di giovani”.
di Mascia Quadarella
foto:Cinzia Giddio