Augusta- Il “martirio” del territorio a nord del siracusano ebbe inizio oltre mezzo secolo fa, ma soltanto da qualche anno sono uscite dal lungo assopimento le coscienze dei cittadini del quadrilatero industriale, svegliate dalle grida d’allarme lanciate dal parroco della Chiesa Madre di Augusta Don Palmiro Prisutto e dai comitati e gruppi di contrasto all’inquinamento che lottano assieme a lui per la causa.
Da anni, ormai, scende in piazza l’arciprete megarese, indossando sulla tunica nera una sgargiante maschera antigas di colore giallo che, inquietando, non passa inosservata e serve a rivendicare la salvaguardia dell’ambiente e la tutela della vita umana, contro un processo di contaminazione dei luoghi sfuggito di mano, che a lungo termine sta mietendo, nel silenzio istituzionale, migliaia di vittime l’anno, abbassando sensibilmente la qualità e le aspettative di vita delle popolazioni residenti, ai piedi delle ciminiere.
Fa la conta dei morti per cancro e malattie derivanti dall’esposizione agli agenti inquinanti, il 28 di ogni mese, Don Palmiro, lo fa da ben 4 anni, da quando ha iniziato a riportare il lungo elenco di vite spezzate in statistiche, i cui dati sono rilevati sull’altare della sua chiesa e che forse attualmente sono le uniche a dipingere in tempo reale come stanno veramente le cose.
“Perché ai morti di tumore- ricorda durante le manifestazioni di sensibilizzazione- si devono aggiungere anche tutti i bambini malformati o con autismo, i cui casi aumentano e le famiglie sono costrette ai viaggi di speranza per ottenere fuori provincia le cure e le terapie necessarie”.
Mentre Don Palmiro e gli altri uomini e donne di buona volontà , aderenti anche al gruppo “Basta Inquinamento dell’aria a Siracusa, Priolo, Augusta e Melilli”, rivendicano in diverse occasioni le bonifiche per salvare il salvabile e ottimizzare la qualità dell’aria, attraverso monitoraggi costanti e mettendo in campo tutte le azioni per bloccare emissioni e sversamenti dannosi, c’è ancora chi si gira dall’altra parte e fa finta di niente, in nome di una certezza occupazionale, che ormai è appannaggio delle precedenti generazioni.
Ieri, però,gli sguardi di tutti, credenti e non, scettici e fatalisti, ottimisti e pessimisti, sono stati catturati da una serie di croci di legno, tante, troppe, appese in Piazza Duomo, ognuna recante il nome di un morto di cancro ad Augusta e zone limitrofe, che paradossalmente e provocatoriamente hanno funto da “anticipazione” alla celebrazione del 4° anniversario della “Messa per la vita”.
La croce, che ricorda fede e sofferenza, torna ad essere utilizzata come simbolo di un calvario di massa, quello a cui sono costrette ogni giorno centinaia di famiglie del posto, che tentano di avere la meglio su patologie neoplastiche diffuse, purtroppo spesse volte non riuscendoci, perdendo per sempre i propri cari.
Paradossalmente dalla morte, dunque, nascono le messe e le mosse per la vita, ricordando che la Salute va garantita a priori e non inseguita.
Mascia Quadarella