Siracusa- Per quasi 48 ore, sui gruppi social pubblici siracusani, il caso della terribile uccisione del “Gatto Arturo” – il cui responsabile è stato individuato rapidamente dai Carabinieri e denunciato per il reato commesso contro l’indifeso animale – è stato preso come spunto per “vomitare” tutta la violenza repressa da centinaia di internauti.
Uomini e donne, adulti, utenti del web, giunti nell’agorà virtuale da ogni dove, forse non proprio tutti spinti da un puro credo animalista, ma buona parte, per fortuna non tutti, in balia di rigurgiti di odio, insostenibili e che potrebbero avere conseguenze giudiziarie.
Quella violenza, giustamente condannata ad oltranza per la morte dello sfortunato micetto, infatti, poco dopo la diffusione virale del video dell’esecuzione, come un’onda d’urto distruttiva, paradossalmente, con un carico raddoppiato di ferocia, di bestialità ed assenza di compassione, è stata però riversata sull’autore dell’insano gesto, sul cui vissuto forse sarebbe anche il caso di approfondire (senza mai giustificarlo), istigando contro di lui addirittura una “spedizione punitiva”.
Una vendetta assurda, che richiama a modalità pseudo “giustizialiste” antiche, da non far tornare assolutamente in voga, che addirittura, secondo alcuni racconti fatti sui social, sarebbe pure già avvenuta, con l’uso delle mazze contro quel senzatetto, tanto spregiudicato quanto forse inconsapevole di esserlo.
Di tale aggressione ufficialmente non ci sarebbe alcuna traccia, né in termini di richiesta di cure all’ospedale cittadino, né di denuncia alle forze dell’ordine, da parte di quel giovane violento, che finora era rimasto nel mondo degli “invisibili”, che dormono sulle panchine del centro storico siracusano, o trovano rifugio al Talete.
Questa triste storia ha lasciato perplessi coloro i quali non si sono lasciati contagiare dal morbo dell’odio, mantenendo la lucidità e tentando la via della comprensione, pur rimanendo indignati per il “felinicidio” consumato.
Tra questi ultimi, forse troppo pochi, rispetto a masse eccessivamente nutrite di facinorosi, anche Don Rosario Lo Bello, parroco della Chiesa di San Paolo, da sempre ambientalista ed animalista, che ha voluto sfoderare il ramoscello d’ulivo, tentando di ricostituire un clima sociale più tollerante e pacifico.
Don Rosario, infatti, ha voluto stemperare le tensioni indicendo un momento di riflessione condivisa, sul luogo dei fatti, quindi via Trieste, invitando tutti a pregare affinché tale crudeltà non si manifesti più né sugli animali, né sugli uomini e che questi ultimi se in difficoltà, come probabilmente lo è l’uccisore di Arturo, vengano presi in carico dai servizi sociali, in particolare se problematici e pericolosi.
“Sabato alle 18.00- scrive in un post padre Lo Bello- lì dove il gatto è stato barbaramente ucciso, leggeremo brani dei Padri della Chiesa e di teologi sull’importanza di curare gli animali. Al riguardo vi è una grande tradizione che attraversa la Patristica e il Medioevo. Un cristiano non può rimanere indifferente davanti al dolore di questi piccoli esseri viventi e deve impegnarsi perché vi siano severe leggi a difesa e altri deterrenti. Diversamente la gente si sente insicura e non sa più a chi rivolgersi.
Dobbiamo riflettere profondamente. L’indignazione di per sé è giusta, anzi è bello scoprirsi in una città nient’affatto cinica e addormentata.
Riguardo all’autore del gesto, pregheremo Dio di tenerlo a bada, perché un po’ fa paura anche per bambini e anziani. Poi se qualcuno sa indicarmi a quali assistenti sociali rivolgermi, lo farò. Io intanto proverò a incontrarlo e a parlargli”.
Mascia Quadarella