Siracusa- Una vita dietro le sbarre per chi, almeno in questo primo grado di giudizio, è stato reputato il responsabile della loro morte non restituirà indietro, ai loro familiari ed amici, la dolce Eligia e la sua piccola Giulia, che portava in grembo da otto mesi e che non ha mai visto la luce.
Quel vuoto si protrarrà all’infinito, ma almeno non si perderà la fiducia nella giustizia degli uomini, che questo pomeriggio sembra aver trionfato nell’aula del tribunale di Siracusa, in cui la Corte d’Assise ha pronunciato, dopo circa due anni e mezzo di processo, il verdetto di condanna all’ergastolo a carico di Christian Leonardi, vedovo dell’infermiera siracusana deceduta per asfissia, nell’appartamento coniugale di via Calatabiano, proprio durante una lite con lo stesso marito, quel maledetto 19 gennaio del 2015.
“La giusta pena”- è stato il commento corale – per chi si sarebbe macchiato di quel terribile delitto, di cui vittime furono le due donne che quell’uomo, apparso sempre freddo e distaccato, avrebbe dovuto invece amare e proteggere.
Un giudizio di colpevolezza che si configura come una blanda ricompensa emotiva per i genitori di Eligia, che mai hanno creduto alla tesi della tragedia ed ai quali il quadro è apparso, fin quasi da subito, chiaro e inchiodante il genero.
I giudici togati e quelli popolari, che hanno trattato il delicato caso, hanno confermato, infatti, le responsabilità di Leonardi, giudicandolo senza esitazione “colpevole”. Posizione che probabilmente sarà rivalutata in appello.
Un verdetto atteso, quello odierno, mai dato per scontato, sebbene le accuse assumessero, arringa dopo arringa, i contorni ed i contenuti delle certezze.
Un caso di femminicidio, quello di Eligia e della sua piccola Giulia, che ha coinvolto la comunità siracusana, che da subito si è stretta attorno alla famiglia Ardita per sostenerla. A testimonianza le diverse associazioni che si sono costituite, assieme ai parenti, parte civile.
Gli occhi di chi era presente, oggi pomeriggio, in tribunale si sono posati sulle colonne portanti di quella famiglia, unita nel dolore, che ha deciso di farsi forza ed andare avanti per fare affiorare la verità.
La soddisfazione era lampante negli occhi di: Luisa, sorella della vittima, che ha dato senza tregua la caccia a quell’uomo che le ha strappato la sorella e negato la gioia di diventare zia e la cui tristezza traspare, nonostante la bellezza del suo volto; Agatino, il padre e mancato nonno, consumato dalla sofferenza, che ha impiegato l’ultima goccia di energia per rendere giustizia alle sue piccole e Graziella, la madre, che di lacrime non ne aveva più e che le ultime, amarissime, le ha ingoiate, con dignità e coraggio, lottando affinché certe violenze non venissero più consumate tra le mura domestiche di altre donne in difficoltà, forse ignare di essere in pericolo.
La pronuncia della sentenza è stata accolta con grande soddisfazione da chi ha seguito la vicenda da vicino, ma anche a distanza, attraverso il racconto puntuale di alcune testate giornalistiche locali, che hanno fornito puntualmente i dettagli delle singole udienze, come Siracusa Times, diretto da Alessia Zeferino, che ha intinto l’inchiostro nel cuore, sostenendo la famiglia Ardita in questa dura battaglia.
Stasera, le luci intermittenti che incorniciano le finestre di quell’appartamento di via Calatabiano, teatro dei tristi fatti, trasformato in un baricentro di azioni benefiche per donne e bambini in difficoltà, per rendere indelebile la scia di altruismo tracciata durante la sua breve vita da Eligia, sembrano ancora più abbaglianti.
Quelle lucciole artificiali, che danno colore al luogo in cui Eligia e Giulia trovarono la morte, appaiono ancor più di ieri come un faro, che ad altre potenziali vittime potrà indicare la strada della salvezza, la via per allontanarsi da chi fa loro del male e potrebbe farlo irreversibilmente.
Mascia Quadarella