Pachino- Il Giudice per le indagini preliminari Andrea Migneco, in conformità alla richiesta della Procura della Repubblica di Siracusa, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di cinque indagati, per la commissione di tre distinti atti intimidatori avvenuti nei mesi di ottobre e novembre 2018.
Gli indagati
Le indagini, coordinate dal procuratore della Repubblica Fabio Scavone e dirette dal sostituto procuratore della Repubblica, Gaetano Bono, hanno portato gli uomini del Commissariato di Pachino -che hanno svolto le indagini- ad eseguire le misure a carico di:
1) Renato Boager, 54 anni, già detenuto nella Casa Circondariale Paola a Cosenza.
2) Antonio Piazzese, 41 anni, residente a Rosolini, attualmente agli arresti domiciliari per altra causa;
3) Corrado Caruso, 43 anni, attualmente detenuto nella Casa Circondariale Cavadonna;
4) Maria Caruso, di 57 anni, residente a Rosolini;
5) Cristian Rubbera, 28 anni , residente a Rosolini.
I capi di imputazione
Per i 5 indagati:
CAPO 1) per il delitto di cui agli artt. 110 c.p. – 56 c.p. – 61 nr. 1 c.p. – 81 comma 2 c.p. – 629 comma 2 c.p. in relazione all’art. 628 comma 3 nr. 1) c.p.;
CAPO 2) per il delitto di cui agli artt. 110 c.p. – 81 comma 2 c.p. – 61 nn. 2 e 5 c.p. – 4 e 7 L. 895/1967;
CAPO 3) per il delitto di cui agli artt. 110 c.p. – 81 comma 2 c.p. – 61 nn. 2 e 5 c.p. – 56-635 comma 2 nr. 1 in relazione all’art. 625 nr. 7) c.p.;
CAPO 4) per il delitto di cui agli artt. 110 c.p. – 81 comma 2 c.p. – 61 nn. 2 e 5 c.p. – 635 comma 2 nr. 1 in relazione all’art. 625 nr. 7) c.p.;
Per il solo Renato Boager (in concorso con Maicol Zisa e Salvatore Cianchino, nei cui confronti si è proceduto separatamente):
CAPO 5) per il delitto di cui agli artt. 110 c.p. – 56 c.p. – 61 nr. 1 c.p. – 629 comma 2 c.p. in relazione all’art. 628 comma 3 nr. 1) c.p.;
CAPO 6) per il delitto di cui agli artt. 110 c.p. – 61 nn. 2 e 5 c.p. – 423 c.p.;
CAPO 7) per il delitto di cui agli art. 612 comma 2 c.p..
Gli episodi dell’intricata trama
1) 1° episodio: la sera del 16 ottobre 2018 alle ore 01.50 circa, veniva collocato dinanzi al negozio di ricambi per auto di proprietà di Giuseppe Boager, ubicato a Pachino in via Marsala n.64, un ordigno che non esplodeva per un difetto di innesco.
2) 2°episodio: la sera del 31 ottobre 2018 alle ore 00:45 circa, veniva data alle fiamme l’autovettura FIAT Panda di proprietà sempre di Giuseppe Boager, ma in uso al figlio Salvatore.
3) 3°episodio: la sera del 14 novembre successivo, un secondo ordigno piazzato nuovamente dinanzi alla saracinesca del medesimo esercizio commerciale, veniva fatto esplodere provocando ingenti danni.
Le indagini e la ricostruzione dei fatti
Gli episodi sopra indicati, sin da subito, venivano inquadrati nell’ambito di una contrapposizione familiare, già in essere da almeno due anni, che vedeva come protagonista Renato Boager, personaggio di spessore criminale ben conosciuto a Pachino, resosi responsabile di atti di violenza nei confronti dei parenti che non attuava personalmente poiché, con studiata strategia criminale, aveva commissionato a pregiudicati di Pachino, per evitare di incappare nelle indagini della Polizia. Per questi reati, peraltro, Boager stava già affrontando un processo al termine del quale, nello scorso mese di gennaio, è stato condannato a 5 anni e 3 mesi di reclusione (indagini condotte dal commissariato di Pachino).
Le indagini hanno svelato come, mosso da rancore, Boager anche dal carcere continuava a progettare atti contro il fratello Giuseppe, nei cui confronti era riuscito a far commettere due atti intimidatori, nel vano tentativo di condizionarne la testimonianza nel processo in cui risultava imputato. Come si vedrà, dopo la condanna inizierà a progettarne altri ben più gravi che attentavano alla vita del fratello.
Le indagini condotte dal Commissariato di Pachino, nei tre episodi, traevano spunti utili da quanto emerso dalla rilevazione delle immagini della videosorveglianza, che fornivano elementi inequivocabili.
Mentre più immediata risultava l’indagine relativa all’incendio dell’autovettura Fiat Panda di proprietà di Giuseppe Boager, che portava al fermo di indiziato di delitto, già nella stessa giornata (il 31 ottobre 2018), a carico di Maicol Zisa e Salvatore Cianchino, quali autori materiali dell’atto intimidatorio. Soltanto successivamente, e a conclusione delle indagini, emergerà che il mandante era stato Renato Boager.
Negli atti intimidatori in danno dell’attività commerciale gestita da Giuseppe Boager, le telecamere consentivano di raccogliere i primi elementi fondamentali per le indagini, a partire dalla presenza sul luogo del delitto di un’autovettura A.R. 147 di colore grigio, di proprietà di Maria Caruso, ma in uso ad Antonio Piazzese, usata per commettere i reati.
Gli accertamenti sulla donna svelavano come il compagno Corrado Caruso, fosse detenuto nel carcere di Cavadonna proprio nella stessa cella di Renato Boager.
Si avviavano, pertanto, una serie di attività tecniche sulle utenze usate dalla donna, ma anche da Piazzese, emergendo come costoro riuscissero a comunicare tramite “utenze citofono” con entrambi i detenuti, Corrado Caruso e Renato Boager, chiedendo informazioni sulle indagini che riguardavano i fatti accaduti a Pachino. Cercavano infatti, informazioni rassicuranti, temendo che gli indumenti sequestrati dalla Polizia potessero ricondurre alle loro responsabilità.
Si comprendeva che i cellulari erano stati indebitamente introdotti all’interno del carcere da Maria Caruso, verosimilmente in occasione dei colloqui, durante i quali, consegnava al compagno le sim card intestate al proprio figlio defunto, nella speranza di eludere eventuali intercettazioni.
Proprio le intercettazioni indicavano in Piazzese, l’uomo di fiducia della donna, a cui la stessa aveva dato incarico di eseguire gli atti intimidatori commissionati da Renato Boager.
Ciò che muove Piazzese nel realizzare le volontà di Boager, a lui giunte per il tramite dei Caruso, è certamente il denaro, anticipatogli proprio da Maria Caruso, con il quale viene remunerato il lavoro, che in parte Piazzese deve ancora riscuotere, come si evince da alcune intercettazioni, in cui si lamenta con Cristian Rubbera, con cui quotidianamente si accompagna.
Dai colloqui in carcere tra Maria e Corrado Caruso, si riusciva a ricostruire la vicenda dell’attentato intimidatorio nei confronti di Giuseppe Boager, che risultava ideato dal fratello Renato ed affidato per la materiale esecuzione ad Antonio Piazzese, in una delle due circostanze accompagnato da Cristian Rubbera..
Analogamente, si ascoltava Renato Boager, indifferente per avere trascinato altri nella commissione degli atti intimidatori, oramai con l’unico scopo di vita quello di condizionare l’esito del processo penale, sovente al telefono con amici fidati, commentare con sadico piacere il fatto che i propri parenti, al suo cospetto nell’aula del Tribunale, risultavano terrorizzati per gli attentati subìti proprio in prossimità delle udienze.
Inoltre, Boager dando ulteriore mandato al compagno di cella Corrado Caruso cerca di ottenere che Piazzese compia un più grave gesto, una gambizzazione o addirittura l’omicidio per il quale è disponibile a pagare rispettivamente la somma di 3.000 e 20.000 euro, come emergerà dai colloqui in carcere in cui Corrado Caruso si offrirà di realizzarlo personalmente, non appena uscito dal carcere, atteso che la compagna Maria Caruso gli precisa che Piazzese non è in grado di compiere un così grave gesto.
Che tra Boager e Corrado Caruso sia stato stipulato tale “pactum sceleris” vi è conferma in un’altra conversazione in cui Corrado rivela a Maria Caruso che nel testamento di Boager, questi lo ha nominato erede di un immobile.
Invero, l’odio che muove Renato Boager verso i propri parenti era stato rilevato già nel 2017 durante le indagini che hanno portato alla condanna di Boager e di Damiano Rizza, ritenuto l’autore materiale dell’aggressione in danno di Filippo Borgh, cognato di Renato Boager, commissionata proprio da quest’ultimo.