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Rompere il silenzio, per “esorcizzare” l’incubo del bullismo

Melilli- Se un’ombra scura, come da fiabe e filastrocche, interviene a minacciare i sogni dei bambini nella prima infanzia, la cui presenza poi diventa deterrente improprio utilizzato dagli adulti contro le loro innocenti marachelle e gli abituali capricci ( il poco pedagogico “uomo nero” delle ninne nanne ereditate dal passato), con il battesimo in società dei pargoli, attraverso la loro iscrizione alla scuola primaria e l’avvio delle attività di gruppo, per troppi di loro in veri mostri, ossessionanti, possono trasformarsi alcuni  coetanei, che il prendono di mira distruggendone l’autostima e le giornate.

Veri e propri incubi, infatti, specie per bambini e ragazzi, introversi, timidi, anticonformisti, fragili, possono diventare un loro o alcuni loro compagni di classe (ma anche di sport, o delle lezioni all’accademia di lingue straniere piuttosto che di discipline musicali) che li trasformano nelle vittime del loro istinto di prevaricazione, della smania di affermazione sociale attraverso la legge del più forte.

Il fenomeno del bullismo, infatti, sta raggiungendo percentuali allarmanti anche nel nostro Paese.

Se prima si esercitava attraverso offese verbali e qualche scherzo, anche pesante, sempre più spesso si concretizza in vere e proprie aggressioni fisiche, “spedizioni punitive di gruppo”, diffusione attraverso social e chat private di materiale imbarazzante( il tanto temuto cyberbullismo).
Anche i bulli, però, dal canto loro, possono nascondere una struttura psicologica fragile, che li spinge a prevalere su chi vedono più debole, puntando sulle logiche del branco, che li rafforza, diventando vampiri che si nutrono, si gonfiano di potere, proporzionalmente al  terrore che incutono nelle loro  vittime.

Da qui l’esigenza di parlarne, per prevenirlo questo “morbo” geneticamente modificato e abbrutito  dalla generazione 2.0.

Raccontare, chiedere aiuto, infatti, costituisce la via d’uscita più veloce ed indolore per liberarsi  dal tunnel in cui si viene catapultati e imprigionati, e  che spesso appare senza spiragli di luce.

Per tentare di annientare i bulli, dunque,  va necessariamente smantellato il muro di gomma, dietro il quale rannicchiato nel suo dolore cerca di difendersi, isolandosi, il bullizzato.
Di questo e tanti altri aspetti, l’altro ieri, hanno parlato a Melilli, su iniziativa della psicologa Veronica Castro, magistrati, pediatri, e due giovani “sopravvissute” al bullismo e pronte a testimoniare la loro esperienza, per evitarla ad altri.
All’interessante dibattito sul tema, infatti, hanno preso parte, oltre alla  promotrice/relatrice  dell’iniziativa, il sindaco facente funzioni Giuseppe Corradino, il giudice della terza sezione penale di Catania Concetta Zimmitti, il sostituto procuratore della Repubblica di Siracusa Marco Dragonetti, il comandante della Compagnia di Augusta Rossella Capuano,  il pediatra siracusano Carlo Gilistro.
I professionisti hanno offerto, ognuno dalla propria ottica professionale, una panoramica ampia e dettagliata del problema, prospettando anche soluzioni immediate.

Al di là dei percorsi terapeutici, dell’alfabetizzazione emozionale e civica che serve ai ragazzi di oggi, svuotati di valori e senza punti di riferimento fermi, delle tutele di legge, uno dei rimedi più efficaci rimane, comunque, rompere la barriera del silenzio, anche senza fare necessariamente rumore, affidandosi ai genitori, agli insegnanti, alle forze dell’ordine.

Parlare, parlarne, dunque, è un buon inizio e il convegno di Melilli ha contribuito ad avviare un percorso positivo, da seguire ed incardinare in tanti progetti di sensibilizzazione e sostegno sull’argomento.

Mascia Quadarella

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Giornalista