Siracusa- “Un giorno senza sorriso è un giorno sprecato”. Lo diceva, con cognizione di causa, il registra Charlie Chaplin.
Se è vero che una risata spontanea allunga la vita, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, insieme al resto del loro esilarante cast, hanno regalato, se non giorni, sicuramente due orette di spensieratezza, durante la loro trasferta a Siracusa, agli spettatori del Teatro comunale, dove hanno messo in scena “Filippo Mancuso e Don Lollò”.
Una commedia in salsa siciliana, scritta da Andrea Camilleri e Giuseppe Di Pasquale, che hanno “rivisitato”, condendola dell’ilarità spontanea che appartiene agli uomini e alle donne del Sud, capaci di sdrammatizzare le disgrazie quotidiane, seguendo la filosofia del “Panta rei”, la trama manzoniana dei “Promessi sposi”, ambientandola a Vigata ed affidandola all’interpretazione dei maestri del teatro contemporaneo siciliano, che da tempo hanno conquistato il pubblico dell’isola e non solo, anche quello di grandi teatri nazionali.
Alla notizia dell’arrivo dei due “zii” catanesi, entrati nelle famiglie siciliane, con la loro dirompente semplicità, durante i tempi d’oro del canale televisivo regionale emergente, i siracusani non si sono fatti attendere, facendo registrare se non il tutto esaurito, quasi.
Un teatro comunale pieno e ridondante delle risate del pubblico, che ha apprezzato la matrice “vintage” dello spettacolo, giocato sulle battute dall’inimitabile “cantilena etnea”, improntate sulla “politica degli equivoci linguistici”, genuine, dal coinvolgente “gusto” casareccio, per questo intramontabili.
Ammirevole l’interpretazione dei due protagonisti, due mattatori del palcoscenico che non subiscono il peso dell’età che avanza e, come il buon vino, invecchiando migliorano.
Il testo, nonostante la leggerezza espositiva, però, non è fine a se stesso, ma invita a riflettere su dinamiche sociali che si manifestano, con ciclicità ad oggi infinita, sotto il ricatto occupazionale, nel mercato del lavoro, o meglio delle “raccomandazioni per ottenerlo” , in balia di un “regime mafioso”, favorito dai “colletti bianchi” e imposto “da capetti e loro bravi”, spesso con la forza “bruta”.
Un sistema da interrompere con una presa di coscienza collettiva e diffusa, un “riscatto” culturale, che è già in corso, ma lontano purtroppo, ancora, dall’essere pienamente raggiunto.
E poi non è mancata quella componente romantica, l’amore che tutto può, che abbatte le barriere della disabilità e punta lontano…lì dove le diversità si compensano e diventano ricchezza, contro il pregiudizio, gli stereotipi, il credo fuorviante della “perfezione estetica”.
La grande bellezza, d’altronde, risiede nelle emozioni, e il teatro ne è contenitore e veicolo, grazie anche a quanti continuano a sfidare i piccoli e grandi schermi e la pirateria che viaggia online, alimentandolo con passione e dedizione, e grande coraggio, come Tuccio e Pippo, ma anche chi li affianca nelle loro “imprese”.
Mascia Quadarella